Donna de paradiso
da Jacopone da Todi e Dante Alighieri

con Marco Barbieri, Novella Broccoli, Francesca Giardullo, Iuri Monti, Martina Olley, Alessandro Pieri, Francesca Quercioli, Stefania Zavalloni
movimenti coreografici Rosita Di Firma
animazione digitale Claudia Cagneschi e Antonio Stincheddu
adattamento e regia Fabiola Crudeli e Walter Valeri

patrocinio
Diocesi di Cesena – Sarsina e Comune di Todi

“Donna de Paradiso” è certo la più nota delle laudi di Jacopone da Todi (1230-1306).
In essa si riversa la tormentata esperienza mistica di Jacopone. Un testo, così crudelmente umano, di cui si è cercato di mantenere il senso religioso: un doppio filo che lega l’uomo e il divino, in un rapporto di reciproca necessità.

L’experienza Religiosa e Spirituale
Lo spettacolo teatrale, tratto dal testo omonimo di Jacopone da Todi, è incentrato sull’esperienza religiosa e spirituale dello stesso Jacopone, di cui viene data una rilettura in chiave contemporanea, anche se ad esso rimane fedele nell’antico linguaggio italico del 1200, recuperando nelle parole e in frasi lontane nel tempo, musicalità ed assonanze oggi dimenticate.
La rappresentazione si completa e trova la sua massima espressione nell’integrazione del testo con la coreografia, la musica e la scenografia.

I Movimenti
I movimenti degli attori, lenti, nitidi, essenziali, crescono di intensità e drammaticità, sospesi, quasi modificati, dalle gioiose danze delle donne.

La Scenografia
La scenografia minimale trasporta in una grande emozione dalla prima apertura del sipario, quando si presenta, a teatro completamente buio, un’enorme e luminosissimo fondale composto da diverse centinaia di radiografie: ricordo ancestrale di una sofferenza interiore moltiplicata all’infinito. L’illuminazione del fondale accompagna l’intensità della suggestione scenica, negando o mostrando la presenza delle mille anime trasparenti. Il resto della scenografia è costituito da un allestimento essenziale, oggetti semplici, utilizzati dagli attori come evocativi di ansia, dolore e sofferenza, ma anche di gioia e infine catarsi.
I pochi oggetti simbolici al centro della scena e le figure scure e immobili degli attori, la brillantezza delle vesti bianche delle attrici, contrastate dalla luce spettrale del fondale, vanno a formare una composizione nitida e armonica ricca di suggestioni.
Attraverso le proiezioni digitali, costruite sulle musiche e sulle danze degli attori, lo spazio scenico si trasforma in spazio dinamico andando ad enfatizzare i movimenti, i suoni e i colori quali protagonisti della scena stessa. Il fondale s’illumina, arde, danza, costruisce geometrie, si nasconde parzialmente. Tutto si muove all’unisono: gli attori, la musica, il fondale formano un vero concerto di ritmi e di forme geometriche.
Lo spettacolo è liberamente tratto dalle “Laudi” di Jacopone da Todi, il “Detto d’amore” e il “Fiore” di Dante Alighieri.
Un allestimento culturalmente molto importante che ha messo in diretto contatto gli attori con la lingua del 1200, aiutati in questo dal professor Walter Valeri (docente di storia del teatro presso la Harvard University, USA.) che, insieme con Fabiola Crudeli, ha realizzato l’adattamento e la regia.
Un testo, così crudelmente umano, di cui si è cercato di mantenere il senso religioso: un doppio filo che lega l’uomo e il divino, in un rapporto di reciproca necessità.
La scelta musicale accompagna il percorso di Jacopone alla conversione.
Lo spettacolo nasce come laboratorio realizzato nell’ambito della 5° edizione del Cantiere Internazionale Giovani, Forlì ed è stato rappresentato il 25 novembre 2004 al Teatro Bonci di Cesena, in Prima Assoluta.

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